Dadaismo e comunismo hanno in comune il marcio della prima guerra mondiale da cui fioriscono dicendo sì (da in russo significa sì), sì è giusto ribellarsi a quell’arte, quella classe dominante, quella morale e senso dell’onore se ci ha portati qui, a questo orrore. E dal non senso, dada era il non senso del balbettio del bebè, contrapposto al raziocinio che giustificava la guerra, arriviamo al casuale sì, da, oui, ya, ripetuto due volte, dada, per il giocoso accorgersi che dal caso può uscire un senso. Sì, perché siamo sempre alla ricerca di un senso. E che la ruota giri: dalla prima guerra mondiale,al diritto a ribellarsi, la rivoluzione… e poi i totalitarismi che vorrebbero fermare tutto su di sè, l’état c’est moi, di Stalin, Hitler, Mussolini, (ed i popoli bambini che li rincorrono, in Orban, Erdogan, Putin e Salvini): E poi, in un ciclo di ruota più stretto, la seconda guerra mondiale e che la ruota giri, fino a farci vedere nel mediterraneo, un avanti e indietro di galere e di crociate, di croci uncinate, a ripescare dalla fossa comune del mediterraneo il senso di chi siamo noi, l’umanità: quegli animali scuri così simili a noi, nel fare figli, volerli, volersi salvare. Un senso emerge sempre, dada eccoci qua, a cercare un senso, un centro, un sì, su cui fare girare la ruota. E quel sì sia la vita: i come accento sulla i di vita, e a come ruota, che non mi fa paura, se la faccio rimare con nuota: la ruota, una ciambella di salvataggio. E tutto sembra un caso, ma dal conscio all’inconscio tutto scivola lungo la linea del naso, per gocciolare in un senso, che a gocce scintilla. La pittura fonetica, apparente contraddizione, ci porta in questa direzione. Sì si dada yes oui ya. Dal non senso al senso. Dal conscio all’inconscio al ritorno di una coscienza che nella meditazione cerca di sospendere i pensieri per arrivare al sè. L’arte è quella meditazione, quel percorso apparentemente senza corso. La pittura fonetica prova. E si accorge che realizza i sogni, che la realtà è un sogno o un incubo realizzato, da noi. Che noi creiamo noi stessi e l’universo attorno a noi. Ed è meglio smettere di lamentarsi, e meglio creare qualcosa a nostra immagine e somiglianza, tornando al sogno. Ecco chi sono. Ecco quello di cui tutti hanno bisogno.
Alberto Sighele
nb le seguenti sono solo esempi di opere che potrebbero sostanziare il discorso sopra
ma quel Natale sopra Lizzana e Lizzanella nessuna stella sulla mascella di Castel Dante con il coltello tra i denti l’inferno
tagliato tre volte la testa chi ti ha fatto così forte fanciulla
il falco vuole tutta la lista da razzista a buonista per sè basta non scendere dal palco
un ministro degli interni sempre fuori
ho pensato questa mattina
o questo o niente
il ponte di Messina
tra l’Europa e il continente
altro l’Africa
quando il potere è troppo stoppalo
dal cuore carezza corazza
te lo dice il nome
salvaci
sei Mosè o il fanfarone?