Falcone Impastato

 

 

 

 

A Giovanni Falcone (per i miei alunni)

 

Vent’anni sono volati via
come la strada nel cielo,
quel cielo di spugna
intriso della puzza acre
del tritolo, e gonfio
di lacrime e rabbia
per l’ipocrisia
di quei sepolcri imbiancati
di uno Stato defunto.

Voi non c’eravate
quando io avevo la vostra età,
e per questo non potete capire
l’aria pesante di quei giorni,
i discorsi incerti tra di noi
e i silenzi
sepolti di vergogna
degli adulti.
Noi siamo quella generazione
che ha imparato dal martirio
senza parole
solo col gesto semplice di un genitore
che indica le riprese del telegiornale.

Ora che il tempo SEMBRA passato,
qui dove l’aria APPARE più fina,
voi avete il dovere
di prendere per mano quel Paese
che ci è stato consegnato
come un testimone
a costo della vita,
col prezzo di un amore
che apparve quasi immotivato.
Sappiate ragazzi
che un giorno di vent’anni fa
eravamo tutti palermitani,
eravamo lì a piangere la paura
che ci avessero rubato il cielo.
Profeticamente sotto la Croce,
stava il discepolo che Egli amava.
Era il più giovane. Si chiamava Giovanni. 19/05/2012

 

A Peppino Impastato

Io sono nato dalla tua morte.
La luce di quel ‘78
veniva dalla notte dello Stato.

Avrei preferito conoscerti
e incontrare i fantastici mondi
che tu immaginavi- così diversi dallo squallore
che ti circondava in una vita isolata.

Ma tu hai saputo
farci su una bella risata,
e rendere piccina piccina
quella “montagna” che ci soffocava.

La radio dava forza alla tua voce,
e così il giullare e il Padrone
si scambiarono di ruolo.

Ma il fetore
e le mosche che vi ronzano attorno
sono ancora forti
trent’anni dopo.

E se un giorno-
-ancora un giorno di maggio-
esplode la verità,
essa risplende per sempre.

Il fango e lo sterco
l’ignoranza e la paura
non possono sporcare
il sangue di

 

 

 

 

A Giovanni Falcone (per i miei alunni)

 

Vent’anni sono volati via
come la strada nel cielo,
quel cielo di spugna
intriso della puzza acre
del tritolo, e gonfio
di lacrime e rabbia
per l’ipocrisia
di quei sepolcri imbiancati
di uno Stato defunto.

Voi non c’eravate
quando io avevo la vostra età,
e per questo non potete capire
l’aria pesante di quei giorni,
i discorsi incerti tra di noi
e i silenzi
sepolti di vergogna
degli adulti.
Noi siamo quella generazione
che ha imparato dal martirio
senza parole
solo col gesto semplice di un genitore
che indica le riprese del telegiornale.

Ora che il tempo SEMBRA passato,
qui dove l’aria APPARE più fina,
voi avete il dovere
di prendere per mano quel Paese
che ci è stato consegnato
come un testimone
a costo della vita,
col prezzo di un amore
che apparve quasi immotivato.
Sappiate ragazzi
che un giorno di vent’anni fa
eravamo tutti palermitani,
eravamo lì a piangere la paura
che ci avessero rubato il cielo.
Profeticamente sotto la Croce,
stava il discepolo che Egli amava.
Era il più giovane. Si chiamava Giovanni. 19/05/2012

 

A Peppino Impastato

Io sono nato dalla tua morte.
La luce di quel ‘78
veniva dalla notte dello Stato.

Avrei preferito conoscerti
e incontrare i fantastici mondi
che tu immaginavi- così diversi dallo squallore
che ti circondava in una vita isolata.

Ma tu hai saputo
farci su una bella risata,
e rendere piccina piccina
quella “montagna” che ci soffocava.

La radio dava forza alla tua voce,
e così il giullare e il Padrone
si scambiarono di ruolo.

Ma il fetore
e le mosche che vi ronzano attorno
sono ancora forti
trent’anni dopo.

E se un giorno-
-ancora un giorno di maggio-
esplode la verità,
essa risplende per sempre.

Il fango e lo sterco
l’ignoranza e la paura
non possono sporcare
il sangue di un giusto.

Io adesso vivo
della tua vita, della rabbia
per la TUA Sicilia.
08/05/2008

un giusto.

Io adesso vivo
della tua vita, della rabbia
per la TUA Sicilia.
08/05/2008

 

Giacomo Paternò

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Poeta, artista di Pittura Fonetica, attore regista della Compagnia Fonetica. Sostiene l'Europa unita fino agli Urali e in un mediterraneo di Ulisse, non fossa comune.