quarto canto, quattro, di “tu sei tutto, fino al settimo cielo”

il pistillo, l’ape, il polline, dillo quel che ti piacerebbe fare:

infilarmi nel tuo cuore e fare tutto per amore. Il piacere è il dovere

scoperto nella natura delle rose, semplice e facile. Sisifo è zufolo

quattro

se sono l’albero al centro del giardino, devo sviluppare il tronco
diritto verso il cielo, per raccogliere sui rami i doni che mi ami.
Perché, innanzitutto, sono albero da frutto e il mio lavoro è qui ed ora,
dire a tutti che la linfa è vita e va in salita leggiadra.
Qualcuno l’accusa d’essere ladra alla terra, di impoverirla per dare al cielo,
è vero. Come è vero il contrario: dalla pioggia la terra riceve la vita.
Ladra è la mente: peccato e castigo, groviglio e ingarbuglio alle labbra

le mie poesie sono mie, ma non sono mie, vengono dal sé, sono tue.
Le mie idee sono mie, ma non sono mie, sono le fantasie dell’umanità.
Qui sta il segreto della reciprocità, di guardare cosa capita dentro te e attorno
e t’accorgerai che è un giro tondo da bambini. E senza dubbio
sarebbe da cretini voler essere adulti a forza di insulti
di accuse e colpe. Meglio il gioco di ritorno al giardino del bambino,
all’originalità, la disponibilità, la freschezza del “lasciate che i bambini vengano a me” ad insegnarmi

entro nella linfa delle piante, ti sento palpitare in tutti i fiori.
Giro nel ciclo dell’acqua. Trepido con te nel sangue degli amanti.
Vigilo verticale nella marmotta, nel cipresso, nelle orecchie del leprotto, nei virgulti.
Intuisci, non accetto insulti alla vita, che è qui ed ora e infinita.
Ma il dono, cui mi abbandono, sei tu, nuda nelle nuvole, al pozzo con Gesù,
nel loto del Buddha, nel bocciolo a tutti i fiori, perché sei quella con cui ti innamori
e io sento che l’innamoramento devi metterlo al centro e annaffiarlo

fiore e albero si assomigliano, palpitano nei petali e le foglie, dondolano nel vento, nel sentimento orizzontale, hanno come ali.
Succhiano dall’umidità della terra freschezza, dal cielo tepore e carezza.
Come il raggio di sole allo zenit, sono verticali all’asse della terra.
Se adesso uno pensasse alla schiena di cavalla, dalla coda alla criniera,
o alla posizione eretta della marmotta di sentinella, capirebbe quanto è bella
la vita, se, guardandosi attorno, continuamente trova se stesso, se stessa

qui, al quattro, si è seduto sulla sedia, solida, dalle quattro gambe,
il principio che tutto avviene col minimo sforzo, la massima facilità.
La felicità è a portata di mano, basta coglierla. I saggi hanno detto:
chiedete e riceverete, bussate e vi sarà aperto, date ed avrete. E’ danza.
Ma il segreto è la coscienza, è l’atteggiamento, il cuore che c’è dentro.
Tutto è verde, non si perde: torna verde, se segue la sua natura, dura.
E’ circolare come le onde nel mare, le foglie nel bosco, le nuvole in cielo

se vien fatto per amore…Sisifo, sudava, sbuffava, grondava fatica,
sibilava velenose bestemmie agli dei, contava sulle dita il tempo
della condanna, in giorni, minuti, secondi, interminabili, orribili, irriconoscibili, nello spingere il sasso, il macigno, se stesso, il proprio successo, fino in cima alla montagna. Ma il momento prima della vetta,
per vendetta degli dei, Sisifo guadagna che il macigno, appena posato
sul cocuzzolo, per il non dosaggio dell’ultimo sforzo, sbanda, crolla e ruzzola

lungo l’altro pendio fino al fondo, con un tonfo, che gli sfonda il cuore, lacera i visceri. E viscido di livore, lamento macinato in tormento,
riprende a rotolarlo, a spingerlo in su, all’infinito, in un eterno inferno. D’estate un eterno fuoco. D’inverno un blocco di ghiaccio, col rischio
che scivoli… Se non ne esci… ma riesci? Concepisci una via d’uscita
alla fatica, alla condanna, alla punizione, al monopolio dell’eterno, agli dei?
E se gli dei divennero pianeti e poi giorni, possibile che io te e tutti

si ritorni al dio, alla dea, come idea nostra, contorta? O che tutto
invece sia amore e vita? E la coscienza nostra, la ruota che l’anima?
Sì, Sisifo, è uno schifo che gli dei abbiano manipolato ogni tentativo
tuo di fuggire verso l’alto, portandoti dietro il tuo popolo. Sisifo,
re, qui c’è il segreto e le chiavi, per liberare un popolo di schiavi:
salire. Qui, il massimo pericolo per il potere dei preti e della religione
che lega. Nessuna sorpresa che gli dei si siano sentiti assediati

e abbiano tentato la condanna. Non crederci. Il sudore non è una condanna. E’ manna di purificazione, pulisce il corpo, lo tiene vivo. E tu
non sei un omino, chino a spingere, prono agli dei, sei un gigante.
La tua fede sposta le montagne. Con l’agilità e la forza della formica, sollevi
il mondo. Solo datemi un punto di appoggio, la coscienza, e tutto
si innalza. E’ mia la leva che tutto solleva. Facilità e leggerezza.
La certezza è seguire, interpretare, scoprire e realizzare la propria natura

è’ la natura del sole sorgere, salire allo zenit e scendere ogni giorno.
E’ la sua felicità splendere e dare luce e calore, il suo senso.
E tornare ogni giorno non è una condanna. Il suo ritorno è gioco e danza.
Sisifo, tu sei l’albero della vita, zufolo e flauto, non folle ed incauto.
Dalle radici tu impartisci alla linfa la spinta fino all’ultima foglia lassù.
Fai il prurito al cielo, con zelo, con slancio, piacere e gioia
di ascendere e trascinare con te, lungo i rami, il popolo tuo che chiami,

di polloni, virgulti e sussulti, gorghi e ritorni, avvitamenti ed accumuli
di vigore e dolcezza nei frutti. Nell’azzurro lassù, sul cocuzzolo di tutte
le guglie della cattedrale che sei. Nel settimo cielo del tuo slancio di linfa.
Qui trionfa la tua natura di albero della conoscenza, di coscienza di vita.
Se poi, come il macigno del maligno disegno degli dei di punirti, di manipolarti,
il cervello di quanto è brutto quanto invece è bello il tuo dono
delle foglie alla terra in autunno, come avevi già donato agli altri viventi

i tuoi i frutti, perché tutti ne godano, dopo il riposo, non l’inferno, dell’inverno,
la prova che è tuo dono, non imposizione, tua scelta, tua accoglienza
del ciclo delle cose, del secondo principio del dare, dello scambio, della natura
profonda del tutto, nel flusso di tornare a risorgere, della ruota a spirale, all’unità dell’uno, del ritorno all’amore, – non all’orrore della ripetizione senza senso -,
in primavera riparti, risorgi, fiorisci nel tuo slancio entusiasta di vita…infinita non è la condanna, è la ninna nanna, è la bontà della mamma. la vita.

Tu sei lo spirito, tu il maestro, la maestra, la finestra.
Tu la verità, se la lasci venire dal tuo cuore, la invochi.
Tu e il tutto siete amanti, balbettate esitanti il vostro incontro.
E allora bussa e ti sarà aperto. Sorridi e l’umanità rifiorirà.
Crea e sarai creata. L’eterna giovinezza, la bellezza è tua.
Sarai soggetto e oggetto contemporaneamente. Sarai vita,
passato, futuro, presente, fede, speranza, amore. Ho l’orgasmo.

Dillo a Sisifo, Eva, che hanno fatto di te la stessa cosa,
spina la rosa, raccontata la storia rovesciata anche con lei, gli dei.
Demoni, i limoni. Il libro sacro, massacro di coscienze. Siamo vigili.
Nel giorno del sole, già il primo giorno della settimana,
subito dopo la creazione, per fermarla, hanno raccontato di Eva puttana.
Eva la vita, causa di morte e condanna, punizione e castigo.
C’è un solo modo con cui disbrigo la cosa e decido se

la rosa è rosa o spina, Sisifo filosofo o rovina, io
dio o demone: faccio girare la ruota. La ruota è meditazione.
Non si può fare senza la coscienza. Lì è il potere, la conoscenza
del bene e del male. E decido io, non dio, se il pomo che Eva
ha dato ad Adamo il suo uomo, è buono o peccato, se il peccato esiste
o qualcuno l’ha inventato e perché, se la vita è gioia o condanna.
E allora anche Eva accusata di aver dato ad Adamo il suo nome: “ti amo”

la metà della mela per il morso al corpo in due, le tue natiche,
senza rimorso… Tu mordi le mie, io mordo le tue, siamo in due.
Eva è redenta, la fiamma dell’amore non spenta. Decido io
se è facile o difficile vivere. Nel cuore al centro del corpo o sei morto.
Questa volta apri la porta al quarto principio che tutto è facile,
se segui il cuore, se stai al centro della tua pura natura,
dove la ruota gira nella coscienza, dove la creazione continua

è la vita che ti spinge all’alto, Sisifo. La vita all’albero, Eva.
Non ti incatena, ti sorregge la schiena. non è una fatica il tuo sforzo.
E’ lo sconto da pagare alla salita, il mettere un passo dietro l’altro. Nient’altro. E’ una danza, un’infiorescenza l’esistenza, il tuo progredire alla cima
con la leggerezza, la destrezza di una formica, andando di traverso magari per rendere il percorso più facile ed efficace. E se mi piace ringraziare,
ringrazio. La vita è gioia, grazia, bellezza, non atrocità e strazio

l’uno è il principio dell’unità e che tutto è possibile e che tu sia l’unico contatto con l’universo. Il due è il dono della danza del ventre come principio di scambio. Il tre è il principio della lotta per la scelta d’essere causa non effetto in tutto. Il quattro è il principio della facilità, del conforto d’essere se stessi. Il cinque è il principio del desiderio, della direzione, del dirlo.
Il sei è il principio della calma, del distacco, del balzo dall’ego al sé,
al centro degli opposti, per far girar la ruota al sette, all’oltre, al tutto

dove si incontrano il respiro e i battiti del cuore è il centro dell’amore.
Se sono dono d’amore capisco il cuore che continua a battere,
non conta i suoi battiti, continua a dare prova di se stesso.
Frenetica la formica all’impossibile ma con quanta leggerezza mica fa fatica.
Un albero è un albero cresce, facile. Non si chiede come riesce.
Un fiume è fiume scorre, il sole è sole scalda, una stella
è una stella è bella. e io sono chi sono, un uomo, sono dono

il cuore è cuore batte, non si sfalda, s’imbatte in qualcuno e gli piace,
forse accelera, ma poi trova la pace e continua la sua natura a tamburo .
La coscienza è cosciente sente, la pioggia è pioggia e goccia. Se tutto
è quello che è, è facile essere se stessi. La felicità
è la facilità di essere, di tessere la propria esistenza. E allora
la domanda che comanda la tua felicità è chi sei.
Rallenta, pensa, in fondo alla tua coscienza, il vortice è amore

tra i quattro angoli, tu ti senti difesa dalla rosa dei venti, a casa,
non ti spaventi, al centro del corpo. Come il verde sulla crosta terrestre
la vita si ripara dal fuoco eccessivo del nucleo, dal freddo dell’alta
atmosfera, non si perde. Al centro della settimana è Mercurio, il cuore.
E’ aria il messaggero degli dei, il respiro è facile. E’ al centro e lì
mi addormento tranquillo. Dillo che al centro di te stesso è la pace.
Quanto è bello ci sia il riflesso del cuore al culmine del cervello