firma

 

ho un amico che firma tutto
con la madre arcaica
della religione laica
che lega il remoto inizio
al contemporaneo
in un gesto spontaneo
firma un oggetto
che cambia camicia
si rovescia in soggetto:
lui, io e chi lo ha capito
e così ricomincia il gioco
non è mai finito

Alberto Sighele

al nulla e sono culla

 

mi abbandono al nulla
e sono culla

Alberto Sighele

 

pittura fonetica vuol dire che l’immagine si fonde col suono. Il dono con il sono ed il nulla con la culla, (che si può permettere d’essere solo evocata, non scritta completa).
I colori conducono la scrittura: il bianco è il culmine della luce, l’oro è la coscienza, il rosso pulsa, il verde è l’erba della vita che accoglie l’umiltà dell’artista. La doppia bi è la bellezza che conduce la danza. L’abbandono è la lezione ascetica. Gli opposti si fondono ed assorbono.

tra carezza e corazza

tra carezza e corazza
una alza
l’altra abbassa

nel tempo moderno abbiamo bisogno di qualcosa d’eterno.
Contemporaneo è l’immagine ed il suono, fuso in uno solo; (ce lo ha insegnato il cinema), ma anche il calore del corpo e il rigore metallico, la fluidità del movimento e la rigidità della corazza. L’uomo contemporaneo ha bisogno di trovare l’unità per non perdersi nella frantumazione.
Qui si uniscono anche la a con la z, passando anche per il serp(b)ente della tentazione della bi e della esse.
Contemporaneo è anche il gioco del lego: il decostruire e ricostruire: la gif in cui lo spettatore è invitato a ri-fare il percorso creativo.

Alberto Sighele

non mi stanco

 

non mi stanco
di fluirti sul fianco

questa è pittura fonetica perché suona nella mente dello spettatore, infilzata dalla effe nella effe, innanzi tutto;  nutrendolo poi dell’immagine dell’ansa del fiume evocata dal fluire e dal fianco. E poi è concettuale perché cucisce gli opposti: la stanchezza col movimento…

Alberto Sighele

 

come uno zero

è la genialità dello zero dopo la uno che lo ha decuplicato in valore.
Così è l’amore un moltiplicatore di vita per dieci
negando la negazione lo zero.
E prima la mano è vuota (: ti manco)
ma quando s’appoggia sul fianco è piena.
La ruota gira e la speranza tira.

Alberto Sighele        (appunti per un manuale di Pittura Fonetica)