se l’azione è così calma e forte da essere concentrata e sublime
è meditazione la meta raggiunta, sei già oltre la morte.
E’ sul filo sottile del fine il confine con la felicità qui ed ora.
Alberto Sighele
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canto quinto di “tu sei tutto fino al settimo cielo”
QUINTO CANTO
la
costola porta alla gola, la parola, il desiderio, la guida, la
freccia,
il
raggio di sole, la passione, la rotta, la corda tesa, la
comunicazione
l’attesa
ed il viaggio, il sasso lanciato nell’acqua ed i centri concentrici
cinque la gola
dillo,
con i tuoi tacchi a spillo, che vuoi che ti ami, a partire dai
calcagni
e
poi mi fermi a disinibire il nostro brindisi, indugiando nelle
coppe!
Ma
il destino finale, amore, è, passando dal cuore, annidarsi dalla
nuca
fin
sotto ai capelli, da dove discendono i pensieri più belli.
Ed
i nostri goccioleranno d’amore, che gli uccelli verranno a
sguazzarvisi,
a
giocare nelle pozzanghere nostre, tutt’attorno, tutto il giorno.
E
la gioia piena è non finire di incanalarsi nel percorso lungo la
schiena
sto
in silenzio, in ascolto, nascosto dentro la mia canna.
Sbando
col cuore, a destra e a sinistra, ma batto, cercando la
calma.
Concentro
la mente al centro, leggero come il sibilo al flauto.
Incauto
sarebbe distrarmi da te, da chi amo, dall’umanità.
Io
cerco la felicità mia e di tutti, ma so che sarà dove ho
detto:
dove
metto la vita, che è dono, in abbandono al contatto col
tutto.
L’airone
io sono, nel cuneo al volo. Ora vieni a darmi il cambio
quale musica scorre nel flauto del
cantico dei cantici? Quale
fiume sfuma all’orizzonte, se tu sei
il mio desiderio continuo?
Quale discorso rotola oltre tra i
ciottoli, nello scrosciare del ruscello?
Quale profumo esala dai
fiori e spazzola i cespugli, condiziona
il sottobosco, mi entra
nei pensieri e li innalza al bello della tua presenza?
Chi sei tu,
desiderio, che rizzi ogni singola canna del canneto,
mentre io
ripeto nel respiro: fa di me, per te, una canna che non inganna
il
principio del desiderio è l’unica cosa da prendere sul serio, non
irriderlo!
E’
il motore della coscienza, il vigore di un’esistenza, la sussistenza
del tutto.
Chi
ti dice “scendi dalle nuvole, la vita non è sogno”, ha bisogno
lui
dello
psichiatra, latra cinismo. Idolatra la paura, è carceriere
cancerogeno.
Ti
imprigiona e butta via le chiavi. E’putrido potere
mangia-schiavi.
Dicevano
gli antichi: lascia che il desiderio indichi quale sarà
la
tua volontà, la tua azione, ed essa punterà alla foce, il tuo
destino
l’arrampicante
è un vegetale che, mentre è incerto tra est e ovest, sale.
Così
è il desiderio in noi, da prendere sul serio, sa che è in su
che
deve andare. Si guarda attorno: un appiglio qualsiasi vale.
Ma la
spinta non molla. Sa che in cima avrà una corolla e anche
altre
già prima, a confermare la sua natura, la sua bellezza che dura.
Perché sa che ha mille esempi di sé attorno. E questo
è
prova che campanula, zucchino, o cetriolo, il tuo desiderio non è
solo
lo sbandare a destra e a sinistra del rampicante, dell’amante che vuol tenere
e sa che deve, proprio per tenere, lasciare andare, rispettare
il suo due. Dargli il tempo di tornare a sorridere, a ridire parole
d’amore. Sa che il cuore è battiti. Uno due, uno due, uno due:
mie e tue le redini per tenere il cavallo dell’amore nella corsa, nella via
verso casa. E non è una morsa la direzione, è una scelta fatta in due.
Il desiderio sul serio dimostra che le cose e gli amanti si chiamano, si amano
tutte le cose parlano di tutte le altre cose, è evidente.
Tutto si assomiglia e piglia quella dimensione profonda dell’onda,
dello specchio, della simmetria, della vibrazione, del raggio del sole,
dell’unità del tutto“in tutto è amore”, del contatto del tu col tutto.
Per cui io sono tuo e tu sei mia, causa ed effetto. E il mio affetto
per te non lo metto nel cassetto, ma alla finestra, perché dimostra
che è paradigma di ogni rapporto: me lo porto in qualsiasi cosa io tocchi
guarda che su questo sfondo, io ti inondo di gioia. Il desiderio è freccia
e ti colpirà in mezzo agli occhi. Ti scioglierà il viso in sorriso. E’ scoccata
dalla tensione dell’arco. Percorrerà in un attimo, un battito d’occhio, il tragitto
tra la corda tesa e il bersaglio. Ma non sbaglio se, col saggio, ti ricordo
che la felicità non è nell’arrivo, ma nella corda tesa, nella freccia,
nel viaggio tra desiderio e suo destino. La felicità è qui ed ora, nel percorso.
Il mantenere il distacco emotivo facilita l’arrivo, la sorprendente precisione
è l’intenzione lanciata dall’attenzione: la concentrazione affina e facilita.
Per lanciare la freccia, niente fretta, polso fermo, occhio
immobile, mente calma. Prendi la mira e scocca il compimento.
Così capisci quanto è forte la canna, col suo vuoto dentro.
Non spavento, ma musica e canto della vita, che si avvita circolare.
E la forza della canna è invincibile. E’ buon materiale da costruzione.
Vuoto e pieno. Centro e circonferenza. Desiderio e distacco. E si compie
lo zampillo dice: dillo dell’esultanza, durata, spontaneità
nella mia sorgente. Dillo della mia eleganza nel lanciare un tragitto,
diritto al cielo. Dell’indulgenza con cui mi lascio spezzare, per poi
subito tornare ad essere me stesso, lo zampillo. Dillo adesso
ch’io sono il desiderio e vinco sempre. Perché tu mi desideri, tu,
la sorgente, la mia spinta, la mia origine, al centro della mia mente.
Naturalmente, lo zampillo diventa cascata, e la speranza si è realizzata
adesso che ci sei, sei arrivato a casa tua, il cuore,
incomincia a capire che col desiderio comandi il mondo. Dicevano
i saggi, come raggi del sole: sei tu, è la coscienza il centro,
Giove, Thor, Zeus, dio creatore, il padre, la saetta,
il pianeta più grosso, la vetta del monte, il perno. Ma tutto
passa dalla gola, nella tua parola, la politica, la diplomazia, la comunicazione.
La rete, la ragnatela, la spola, il tessuto. Penelope sei tu, il ragno
il cuore diventa il centro dei centri concentrici, la ripetizione all’infinito
dell’amore che pervade e invade l’universo, lo manifesta. E così colma
e compie il cosmo, che si apre alla chiglia della coscienza, nella continua creazione.
Il male è l’assenza, la carenza di questo fenomeno, è la non-sostanza.
E’ il desiderio il motore di questo solcare il mare con la scia, aprire le onde,
creare sponde, luce che si lancia nella notte e illumina il cielo a giorno.
Se Giove è giovedì e l’Olimpo è limpido, Eros era all’origine
e allora
facciamo il punto nel tu, la tua coscienza, l’io.
il dio della
continua creazione, che tesse con l’universo tutto. Se tu
sei
goccia di quel mare, cellula di quel corpo, fibra di quel
tessuto,
tinta di quel tramonto, manifestazione di quella gioia,
di quell’amore,
basta una vibrazione del cuore, un tuo desiderio,
perché il cosmo lo accolga,
lo assorba. Meglio di quanto tu
stesso ti immagini. E ti risponda nell’onda
di tutte le cose che
accadono attorno a te, di riflesso: è il dono del sì
e sarà
tanto più facile il galoppo verso il compimento, quanto
più
leggera tieni la redine: lasci all’universo, alla creazione, alla
vita,
il tempo, il come, il quando. Ma il sì è assicurato. La
fede sposta le montagne,
perché le montagne sono l’effetto. E’ la
coscienza la causa. Noi siamo
parte della coscienza che crea e
corona di successo la corolla del fiore,
che non molla. Solo
dondola il suo colore, il suo desiderio. Già lo offre
con grazia,
già ringrazia. Già lo vede nella felicità che gli dà il desiderio
acceso
essendo dono divino, il desiderio, devi darlo non è tarlo.
Nel desiderio è la felicità, nella spirale che sale, dove il pensiero
si incontra con l’agire: quando sei felice prima di arrivare, prima
di partire, nella coscienza del fiore che sa si sta per aprire, crede
nell’arcobaleno, nel cielo, nel proprio corpo, nella canna, nell’acqua.
Amore rosso, te arancione, gli altri giallo, gioia
il verde, desiderio azzurro, poi viola, beato il bianco, non si perde
Il desiderio cresce e riesce ad avvitarsi alla vita. Ed è così
che sono qui, ricco nel ricciolo di giocare con te ad avvinghiarsi,
a non lasciarsi. Se vuoi che io ti tocchi e ti abbia, oltre le labbra:
gli occhi e l’anima. E quando mi avrai in mezzo ai seni, dirai vieni.
Il passato è stato ed è tutto qui. Il futuro è sicuro di essere
già qui. E’ ora, nel presente, dove l’intenzione con l’attenzione
si radica cresce e riesce ad avvitarsi alla vita, ora e qui
è nel presente che tutto avviene. Qui è il campo magnetico, estatico
che crea tutte le cose. E la mia attenzione, non distratta, vi semina
il desiderio, l’intenzione. E la coscienza universale con me, in me,
attorno e attraverso me, crea, in creazione continua, la danza
della realizzazione. Cosa dici, incominciamo con le radici ad intrecciarci
o scendo con il sole a baciarti tutti i boccioli, a sfiorarti la pelle
delle foglie alle tue voglie? Sei tu, l’umanità, la felicità, il mio desiderio
ora, però, faccio la lista, di cosa farò, senza affanno.
O faccio più danno che altro, non mi oppongo al presente. Mi vi appoggio per il balzo,
con cui ogni momento mi innalzo alla meta, che è già qua. Perché
io sono questo, tu sei questo, tutto è questo e questo è tutto quel che esiste, dicevano gli antichi.
E lascio che l’universo indichi la strada all’intenzione, vada come vada,
io ringrazio depongo il mio cesto davanti al silenzio, alla meditazione, alla notte,
nella calma che la palma mi offra i suoi datteri nel fruscio del risveglio, dell’intuizione
dell’azione che seguirà la sua strada fino al destino mio, che è divino come il tuo.
Al cinque del corpo che sale, alla gola, nella voce, mi hai dato la parola:
intenzione, direzione, desiderio, il comando interiore, la spinta ulteriore.
E la godo, l’adoro, la scavo, la trovo. Mi addormento e risorgo con lei.
Sono l’eremita in cima alla salita dell’albero e la formica nel cuore
al formicaio dai mille percorsi. Le mie azioni sono diramazioni,
ma la mia mente è al vertice, il mio cuore ovunque. Anch’io sono colui che sono
io ti scorro sulla pelle, come il fiume in una valle.
Poi si perde nell’amore, penetrando il mare. Ma sempre
si ricorda quanto è bello scorrere su di te come un ruscello.
E la sua voce sfuma: come te non c’è nessuna. La farfalla si posa
sui petali del fiore, a dirti che la vita è bella, se mi chiami amore.
E’ un pezzo che dal pozzo non sgorgava il desiderio. Cupido non fare lo stupido.
E’ una cosa seria il desiderio. E’ il fiume che ti porta alla foce, conosce la tua voce
l’uno
è in piedi. Il due si dimena, è donna. Il tre io e te,
due mezze
mele si rincorrono verso l’alto. Il quattro è una sedia,
ci
sediamo, nell’incontro ci confortiamo. Il cinque fusi in un cerchio
con la valvola
del desiderio aperta, il fischio. Col sei, sei
bolla, con sfiato in su,
nella compressione della contraddizione.
Il sette come una zeta ed il grande inizio.
L’otto
è l’eterno, siamo già immortali, io e te nel sé.
Ma il cinque
era il cinque, dove chiunque sente il canto della tortora, ovunque
col desiderio comandi
adesso che ci sei, sei arrivato a casa tua , il cuore,
incomincia a capire che col desiderio comandi il mondo. Dicevano
i saggi, come raggi del sole, sei tu, è la coscienza il centro,
Giove, Thor, Zeus, dio creatore, il padre, la saetta,
il pianeta più grosso, la vetta del monte, il perno, ma tutto
passa dalla gola, nella tua parola, la politica, la diplomazia, la comunicazione.
La rete, la ragnatela, la spola, il tessuto. Penelope sei tu, il ragno
Alberto Sighele
cresce e riesce
Il desiderio cresce e riesce
ad avvitarsi alla vita
ed è così che sono qui
ricco nel ricciolo di giocare con te
ad avvinghiarsi a non lasciarsi
l’uno dell’universo ha inizio nel silenzio
l’uno dell’universo ha inizio nel silenzio
Alberto Sighele
la sfera è la dimensione vera e la bellezza pienezza
cosa dici, incominciamo con le radici
cosa dici, incominciamo con le radici ad intrecciarci
o scendo con il sole a baciarti tutti i boccioli
a sfiorarti la pelle delle foglie alle tue voglie
di amore, luce e tepore, e tutte quelle?
a penetrarti nella linfa che si insinua mentre sale
in ogni tuo canale perché quel che vale è fondersi,
sotto la corteccia la traccia, in un unico slancio?
Alberto Sighele
c’è un posto
c’è un posto dove mi incontro con te, con il cosmo,
dove ritorno ogni giorno, il posto giusto,
al mio centro, il cuore, dove mi fu dato il battito, il respiro,
dove tiro tutto in sù, perché la vita si avvita ed è vortice e rigoglio,
quello che voglio, mentre vai nella danza del ventre, sei tu
Alberto Sighele
mi è apparso Orfeo nel sonno dicendomi sei scarso se non hai il coraggio di cercare il tuo amore, la bellezza, oltre tutto, e scoprire tornando dagli inferi che Euridice dice che la morte non esiste solo amore e bellezza la certezza
mi è apparso Orfeo nel sonno dicendomi sei scarso se non hai il coraggio di cercare il tuo amore, la bellezza, oltre tutto, e scoprire tornando dagli inferi che Euridice dice che la morte non esiste solo amore e bellezza la certezza
non ti rispondo
non ti rispondo perché pensi che ti offendo o che ti innondo di parole attendo dal silenzio un nuovo inizio un indizio che ci amiamo