per Arte Trentina
Arte Trentina mi ha chiesto di far capire ai propri lettori cosa sia la Pittura Fonetica, termine che io uso per la mia ricerca artistico-visiva.
La prima constatazione è che oggi viviamo in un contesto culturale dove i codici comunicativi si intrecciano in maniera quasi frenetica, apparentemente caotica. Si osservi quel che capita nella pubblicità, nei media, dai primi, fino agli schermi di computer e telefonini.
Il fenomeno è quanto spazio si è presa l’immagine sulla parola.
L’immagine è per gli occhi, ma anche la parola, se scritta. Pensiamo alle decorazioni grafiche degli antichi ammanuensi, ma. più profondamente, ogni carattere grafico è un disegno con un fascino profondissimo per gli occhi.
La parola poi
contiene l’immagine: quando dici il nome di cose che si possono
vedere, la mente le visualizza anche se con modalità soggettive a
seconda di chi è la mente dove la parola risuona e l’immagine si
crea… Certo che niente è paragonabile alla irruenza concreta di
una immagine reale, una foto, un dipinto, un oggetto fisico, uno
stimolo cinematografico, rispetto alla libertà immaginativa che
lascia al soggetto una evocazione visiva che viene solo dalle parole.
Mi preme comunque precisare, prima di investigare, sull’altro
binario, l’ambito dell’immagine, che le immagini evocate dalle parole
si creano nella mente. E’ un processo mentale che si compie
automaticamente. Mi serve per affermare che anche la foneticità, la
sonorità di una parola sarà un fenomeno mentale.
Se in un quadro leggi “nessuno mi impedirà d’essere per te nel vento, lamento, l’unico rituale al tuo funerale” (un quadro di pittura fonetica per la guerra in Iraq del 1991) le due rime su “vento lamento” e su “rituale funerale” lasceranno profondo solco nella memoria sonora del cervello, come il grande svolazzo ripetuto della fricativa “v” di “vento” e della liquida “l” di “lamento” avranno nella mente l’effetto di riprodurre il fruscio onomatopeico del vento e una specie di ululato del lamento. E uso la parola “ululato” per descrivere il lamento per la sua capacità di imitare il lamento nella ossessiva ripetizione delle “l” (elle). Come ex insegnante di lingue straniere conosco questo fenomeno della pronuncia mentale che naturalmente si riproduce nel cervello appena esso legga anche in silenzio una parola, e la conseguente imperativa assoluta necessità di abituare chi impara una lingua a riprodurne subito la pronuncia corretta, pena il danno di assorbire una parola straniera storpiata nella distorta pronuncia della propria lingua materna e poi dover distruggere una percezione per sostituirla con un altra. In questo senso rispondo a Carlo Marcello Conti, che nel suo intervento critico sul mio ultimo libro pubblicato con la sua casa editrice Campanotto “Tu sei tutto fino al settimo cielo”, che è anche, nella seconda parte, un catalogo di Pittura Fonetica, cercava “Una voce fonogenica di un attore (il sottoscritto) che così potrebbe in alternativa definire la sua voce pittogenica e in conclusione essere parente stretta della poesia visiva che generalmente ha voce solo come poesia sonora. I generi della poesia sperimentale si arricchiscono …” Rispondo dicendo che ha ragione Carlo Marcello Conti, cultore di poesia visiva, e collezionista di poesia concreta ( una sua opera esibiva vere scatole di cartone per dire che “la poesia deve rompere le scatole”) nel mettere in contatto queste sperimentazioni. Ma solo fin lì, non oltre: la Pittura Fonetica è quell’oggetto lì, rimbomba o fischia, o onomatopeicamente canta nel cervello, come spiegavo sopra, per un suo naturale, istintivo sincretismo(del cervello), senza bisogno di un gramofono, della riproduzione di una registrazione o della performance di un attore accanto all’opera.
L’attore è un’altra cosa, è teatro: l’immagine è il suo corpo e la fonetica è la sua voce. La Pittura Fonetica è fonetica in se stessa, prima di ogni possibile performance al suo fianco.
Quando una scrittura in un quadro di pittura fonetica, prima o dopo, viene letta, anche solo dagli occhi silenziosi, come la curiosità induce, allora anche “suona nella mente” e vi si incide profondamente assieme alle altre componenti visive del quadro o installazione che sia.
Nell’opera “il sole il centro il fiore il tuo cuore” sono le parole “sole fiore cuore” che prendono foneticamente il peso principale, sottolineato ulteriormente dalla sovrapposizione della seconda porzione delle parole “fiore cuore”. I colori e le modalità di scrittura, aiutano e guidono la lettura. Ma le parole vogliono essere lette tutte, chiare e in ordine, come se una voce le leggesse. Esattamente come nella pubblicità. La Pittura Fonetica prende la scrittura sul serio, nella sua interezza, non la sminuisce, non ne fa uno spezzatino o una marmellata graziosa, che comunque maciulli la scrittura. La parola cerca la fusione piena con l’immagine e gli altri elementi visivi. Nell’opera appena osservata, il sole è giallo e richiamato anche dall’ombra che arriva sul fondale…
Quando poi l’immagine è il corpo, questa fusione è eccitante: in “Eva la nostra ava non schiava” la fricativa v, che foneticamente definisce il quadro, si sposta dall’inguine, al cuore. al negare la schiavitù con le mani davanti agli occhi, e cioè la mente, il pensiero: la schiavitù non la vogliamo, ma la nudità sì, e la esaltiamo nella sua bellezza originaria dell’eterno eden. E la nostra ava scava nel nesso tra il tempo della storia, della bellezza transeunte, alla bellezza in assoluto. Nella mia spiegazione la parola “scava” è foneticamente in consonanza con il lavoro di fusione che l’opera sta facendo.
L’opera “dietro e davanti” è essenziale, attuale, facilissima da praticare come tecnica, (perciò democratica, universale…) ma ha agganci, nessi e tensioni in tutte le direzioni: costruisci arte ed esprimi il tuo punto di vista, appropriandoti di quel che ti circonda o ti aggredisce e rovesciandolo nel suo opposto. La denuncia che la verità non è DAVANTI ma nella fragilità dell’esile scrittura “dietro” sull’improvvisato cartellone della giornalista che perderà il posto e la libertà, non la dignità. La bugia di Putin che questa non è una guerra, devastante e criminale, solo un’operazione speciale difensiva. Arte contro il potere: nel solco profondo della Poesia Visiva dagli anni 60′ in su. E la firma dell’autore nel colore del sole, il giallo. Tutto diventa allusivo a qualcos’altro. Il cartellone in inglese e russo. L’ ovest e l’ est dell’Europa (e del mondo ) che si incontrano, anche se Putin vorrebbe convincere ll suo popolo che è meglio (per il suo potere) che est e ovest si scontrino.
Così nella “risacca”il messaggio è che tutto è flusso in un rapporto amoroso su un letto schiumeggiante di lenzuola e capelli, dal basso all’alto, del venire a scoprire chi sei tu e a dirti chi sono io, nella testa, che adesso resta nascosta, perché prima ci abbandoniamo alle onde del corpo e del suono della risacca, nell’andar e venire. E la scrittura calligrafica della doppia cc non si stacca dal compito di fondere, un’altra volta, immagine e scrittura, nel corpo. E emerge mentalmente il suono. Non solo: anche l’intuizione che la percezione individuale ed il mare, la natura e il cosmo, corrispondono, si chiamano. La coscienza che tutto è uno. Ottenuta dall’elaborazione in una pittura fonetica che carica di significati una immagine scaricata dalla rete. E’ la sete di senso insita in noi che ancora spinge, non solo l’eros.
Il ruolo della libidine nello spingere in alto, al filosofico e allo spirituale, è evidente nella struttura dell’ultima opera fonetica qui analizzata “obbedienza” sullo sfondo caldo del legno della capanna di tronchi, con la maglia di lana a nascondere il cuore ed il berretto, anche caldo, abbassato sugli occhi a fingere timido pudore … c’è la sfrontatezza della modella e dell’autore di pittura fonetica a prendere l’inguine come punto di partenza della struttura dell’immagine che si alza, bella modella e parola, in diagonale sul quadro, dal basso all’alto, come l’avvitarsi di una spirale. E’ da notare che nella calligrafia quando da destra a sinistra la scrittura sale, traspare ottimismo. L’accento della parola chiave “coscienza”, batte lì, assieme alla morbidezza della doppia bb dell’altra parola chiave, l’”obbedienza”. In fonetica quella doppia chiama “baci ed abbracci e labbra”. Bellezza, libertà. La libidine dell’anima.
Ottobre 2022,
Alberto Sighele