uno
Uno è uno, e nessuno è solo, se è uno con l’universo. Questo
è il primo e ultimo principio, quello dell’unità, della felicità.
Qui c’è l’anello tra tempo e eternità, passato e futuro. Qui sta
che tempo e spazio sia qui ed ora, qui ti chiama chi ti ama:
il Buddha, Gesù, il Profeta e gli altri saggi. I raggi del sole.
Rosso come il centro della terra, sotto il tuo osso sacro. Avvolto
nelle tre spire e mezzo. La maniglia, che tu lo, le faccia ripartire in su.
La meraviglia. Dall’alto, dalla nascita, ti è stata depositata laggiù la madre:
la Kundalini, la tua natura, sole che devi risvegliare e far salire dalle tre spire
alla sommità della testa. Dove solo ti resta di aprirti gioiosamente al tutto
nel fiore di loto, nel sabato del sette. Questo è quello che deve
venir fuori dal tuo Sonntag, Sunday. E il vortice che risucchia su tutto è il cuore.
La tua coscienza è lo strumento, ed è tutto dentro te. Azione da meditazione.
Tutto l’universo aspetta che tu ti avviti in questo verso. Perché è la vita.
L’uno è
il naso, l’olfatto, verticale, dal gusto e poi la vista, sfocia al
tatto.
Da sotto spinge al quattro, la carezza, il cuore. Poi
l’imbuto è per l’udito,
per il pensiero, il sesto senso. E lo
sbocco è in apertura. Ma la tensione è al sette,
oltre le
tette, gli occhi, i lobi del cervello. E’ così bello che l’uno
assomigli al sette
e che spinga in alto. I sensi, i chakra,
l’arcobaleno, le note, la settimana, gli elementi:
fuoco, acqua,
terra, aria, etere, pensiero, spirito.
Io esisto, io sento, io
posso, io amo, comunico, comprendo, io sono
I sensi sono sette, cinque per sentire, il sesto per intuire,
il sette è già oltre. Sento nel ritmo del sette che parto lento,
poi accelero, appena ti penso, come fa il cuore che batte,
poi mi calmo sul palmo della tua mano e siamo in due.
Da qui si avvita la colonna della spirale, ed è uomo e donna, sale.
Vale per la materia e l’energia, scienze, misticismo e filosofia.
La legge è reale quando spiega l’universale, il flusso e il tutto.
Al naso di Dante io mi inchino e al suo senso divino, non al caso,
di aver scelto il tre, che io confermo in: io, te e gli altri,
nella danza degli opposti. L’inferno eterno invece per noi oggi
è solo inverno e il purgatorio solo il senso rotatorio della realtà.
Portano, si sa, al sorriso del paradiso sul tuo viso nel cuore alla coscienza.
Accetto anche la terra e la montagna di Dante e le sfere celesti
ma chiedo a te cosa diresti, se tutto non fosse che il nostro corpo?
E’
semplice come dall’uno si arrivi al sette con connessioni strette.
Nel profondo i 7 principi di Deepak corrispondono anche in
ordine
ai chakra nel corpo dove mi sprofondo nel Sahaja Yoga di
Nirmala.
Riemergono nella settimana dai tempi dei Caldei, con gli
dei e atteggiamenti,
pianeti nello spazio e giorni nel tempo,
nello stesso ordine delle note
della musica, unica prova che sono
figlio di dio, della luce, Gesù sei tu,
nei colori
dell’arcobaleno: da coda, colonna, cranio: disegno di unità pieno.
I sette principi danzano con le sette principesse fin sull’orlo al precipizio
come se loro fossero leonesse. Ma loro sono princìpi fin dall’inizio,
le altre sono le ruote dei fiori fino alla fine, che è l’eterno inizio.
Gli uni per il pensiero e la coscienza, le altre per il corpo e l’esistenza.
Ed il sette è sete d’infinito, sintesi, fusione, la rivelazione.
Il sette è saggio, è raggio che sembra lento, essendo a spirale,
ma tutto è vibrazione. Sole, energia, amore così funzionano.
L’uno è l’unità, il tutto, la felicità. Il due sei tu, l’incontro.
Il tre è la ruota, il farsene carico, la responsabilità, la lotta.
Il quattro è la casa, l’angolo, l’angelo, il conforto, il prendere fiato.
Il cinque è il desiderio del viaggio, la direzione, il comando, la rotta.
Il sei sei ancora tu nello splendore del raggio della scelta.
Il sette è il tutto, tu, la sintesi infinita, l’eleganza della danza.
L’esito è la creazione continua, il miele che cola, l’amore e la gioia
Quanto sopra è vero, dice Deepak Chopra, che ha raccolto nel primo principio
la saggezza dei Veda perché la creazione è continua e tutto ci è possibile,
se la nostra coscienza, con l’innocenza di un bambino, tocca la Coscienza
Universale, con lei si fonde e crea, perché è flusso continuo di realizzazione.
Tu lanci un desiderio che si conficca nel silenzio apparente che ti chiama
diventa sinfonia attorno a quella nota, scia alla tua barca e davanti
onda che si apre. Tutto ti ascolta e ti accoglie e la risposta arriva.
Ma tutto è dentro te. E’ nella meditazione la meta iniziale, poi la vedrai
operare nei fatti concreti. Tutta la realtà si piegherà ai tuoi piedi
e tu sei dio e dea, basta che non cerchi il potere al tuo esterno
dove regna invece l’inferno della paura di perdere potere, reputazione,
proprietà, dove impera l’ossessione del comando e del controllo.
Inutilmente perché tutto sfuma, si affloscia in morte e corruzione.
Solo la coscienza, la bellezza, la verità, l’amore, il bene è immortale.
E’ sotto la corteccia della natura, nel silenzio del cervello, nel quanto è bello
il battito del cuore, nell’istinto profondo cui ti devi abbandonare con la fiducia,
la generosità animale e vegetale di non correre a giudicare. Libro del tuo sapere
sia il tuo respiro, l’innocenza interiore, fede, speranza e amore.
Diffida delle dottrine della corruzione, della religione che lega, di chi spiega
i pericoli e promette protezione da inganno, affanno, danno. Sono loro. Tu sei invincibile.
L’unico potere e gioia è al tuo interno. E’ la coscienza, tutto il resto puoi farne senza.
Io l’uno
il fusto, tu il due la foglia, tre il tenerti con la voglia,
quattro
nel piacere di un’altra foglia, cinque ci si avvolge in
desiderio
stretto. Sei già in vortice di opposti che, se lo
accetti, sali
al sette, sotto il sole, nel cuore al fiore dalle
mille ali.
Dalla foglia al cielo capisci che è vero, ti conduco
al centro dove
l’albero della vita è il perno della tua coscienza
nel giardino dell’esperienza,
stantuffo tra la terra e il cielo. E
la legge del dono si avvinghia al tronco.
Io sono Adamo e dove la coscienza mi conduce e tu sei Eva
il pomo, il serpente e la luce, la dea che sapeva che tutto è dono.
Adesso ti porto in quel porto intimo, segreto, nascosto dove
l’incontro di un uomo e una donna è scambio di doni, in quella baia
dove un cucciolo abbaia alla luna, chiama il sole perché è lì
che accovacciato al tepore mi vuole la lupa della vita, mia madre.
Dove il tronco non è monco, il morso non è rimorso, il frutto è tutto.
Tu sei uno e ti alzi all’uno, l’universo, che si versa tutto in te,
se il contatto diretto col tutto è aperto al tuo interno.
Dentro al centro della ruota la coscienza nuota nella meditazione
senza la quale sei niente o sei tutto in ogni tua azione.
E tutto è possibile nel contatto. Questo è il primo principio dell’unità
ed è assoluta felicità, è l’essere e il divenire. E’ nel fluire fin lì
dentro al centro di tutto. Ci arrivi con la mente, ma batte nel cuore.
Tu sei tutto fino al settimo cielo vuol dire che è letteralmente vero
che tu sia in contatto diretto col tutto se togli il tappo, il topo morto
della condizione umana che tutto intoppa, con la mancanza di fede,
di speranza e amore. E per tutte le teorie sul potere, la paura, l’impossibilità…
Sarà la meditazione e il sintonizzarsi su tutta la vita che la farà finita
col blocco, aprirà il flusso, la spirale, l’erotismo universale, l’ascesa.
E tutto questo avviene nel tuo corpo, che è ponte, è orizzonte all’anima.
L’unico islamico che io rispetto e riconosco come fratello è il mistico sufi.
L’unico capitale, la coscienza, in libero mercato, non il fanatismo del profitto.
Il fanatismo ha l’apparente forza di portare la polvere del deserto alle stelle.
Gesù sei tu, se accetti d’essere seme, di andare oltre la morte, tu immortale.
La croce o la mezza luna imperiale è il male. Il dentro che è andato fuori,
vuol comandare la realtà con paura e potere dall’esterno. Questo è l’inferno,
la felicità è per chi sta al centro della ruota, del flusso del tutto, la coscienza.
Sopra l’osso sacro la tua divinità avvolta tre volte dormiente
sotto il tuo sesso attende che adesso la tua coscienza, sapendolo, la scuota,
la chiami a salire per scalini fino alle fontanelle in mezzo ai tuoi capelli
e così nel mezzo del giardino sia tu l’albero della conoscenza, della differenza
tra bene e male, tu abbia la libertà, la responsabilità creatrice del giardino
del corpo. Ti lasci tentare dal serpente che abbandona la terra. Sei tu
il desiderio che sale a spirale a provare a portare il frutto alla bocca.
Adesso tocca a te capire di lasciarti andare alla iniziazione.
E’ la direzione che Eva, la vita, dà ad Adamo nel pomo
da mordere e che il serpente niente è, se non la molla, la coscienza
individuale tua che si avvolge al tronco che capisci resta monco
se non unisce la terra al cielo, se non è dono da mordere e dare,
nel frutto che non è tutto, se non da mangiare morso, sorso da bere
e la divinità sta nell’accogliere la sfida, non nel timore, nel rimorso, nel rimanere.
Mordere il frutto è il nostro destino divino, l’esatto contrario
della storia di chi la racconta al rovescio con rimorso, castigo, punizione,
colpa, ricatto del peccato, che è solo: che peccato non averlo fatto!
La gioia, il ritorno all’Eden, della felicità qui e adesso, offre
una carezza alla tua pelle, la religione una corazza. Divide il corpo dall’anima,
il prima dal dopo, il qui dall’ altrove, ammazza e rimpiazza la tua coscienza.
La natura invece è fiume che non finisce, galassia che non ti lascia, verde che non si perde.
La natura dura perché è sicura di sé, non si cura d’altro se non
di aver premura, è madre la natura e misura la sua natura nel nascere e far nascere,
nella limatura delle angosce, nella sfumatura della paura, nella lotta dura alla tortura
dell’anima insicura che si procura nuova paura dietro una sepoltura
di mura. Lei non ottura, stura, assicura la primogenitura al fiore,
l’andatura al puledro, l’apertura alla pianura, la fioritura al tutto, nella centratura
al cerchio. Si nota che la natura è ruota, nel flusso nuota, noi nous wir we mi nosotros.
Noi siamo cicogne col nido in cima al comignolo lassù in alto.
L’acqua, la terra, la pianura, l’orizzonte li conosciamo, la coscienza sei tu.
Il corpo è una freccia acuminata nel volo, potenti le ali, lunghe
le gambe, il collo, il becco, il viaggio migratorio, il desiderio. La visione
d’insieme che guida tutto il fenomeno dalla punta del becco alle zampe,
uno ed entrambe, è il rosso come l’estremità dell’arcobaleno
dal centro della terra al tramonto del sole. Noi siamo cicogne.