la seta l’oro il mare di Giacomo Paternò

 

La seta, l’oro e il mare

(I)
Ad un mercante
da mille e una notte
chiedo la seta, l’oro e il mare.

Mi dice: “non le ho, ma ti regalo la luna”
e di essa, non so cosa fare: aspetto che si svuoti
e che io diventi sabbia
e tu, possa bagnarmi
salendo.

Non trovo il mio senno
disperso nella nebbia
ma cerco sulle rive
una disperata fortuna.
Riesco a scorgerla
nel tortuoso torrente
ma ecco che fugge via,
via con la corrente.

Torno a casa
ed già sabato;
oggi non riposo,
avrei una festa
ma non ho ancora la stoffa
per un vestito nuovo
così, oltre al danno,
arriverà la beffa.

Non mi rimane
che vegliare, ed attendere
che ritorni piena
per poi restituirla
a quel ladro d’oriente:
io non chiedo sogni in affitto
ma solo la chiave del suo scrigno
per non restare matto.

(II)
Qual è il prezzo di tutto l’oro che porti
e che scommetti sicura
nei tuoi occhi di esca?
Tu conosci la mia fame, il mio desiderio di pane
in mezzo a questo campo di grano
che aspetta solo la mietitura,
che io passi la mano
prima che venga la sera.
Verrò quindi a raccogliere l’oro fluente
che scende fino a valle
e poi t’incontrerò
all’altezza dei fianchi, e lì
perderai il fiato.

Non guardarmi così. Non mi sorridere,
perché la bussola in burrasca
a volte si perde, e se un fulmine
improvvisamente ti cade vicino,
ti abbaglia potente.
Non essere impertinente
perché la tua curiosità
si è appena distratta
alle soglie del mio cuore.
Ma soprattutto, non ti fermare
se vorrai baciarmi,
non costringermi ad inseguirti.

(III)
Un primo sole
cade su questo lungomare.
E oggi sono io, invece
a riversarmi nel vento
e vincere il tempo
cercando profumi remoti,
sguardi di cieli
lontani suoni notturni.
Scendo in spiaggia,
aggiungo sale al sale.
Poi ti ritrovo: ecco la mia mano
attraversare selve rosse di sabbia,
il mio dito intingere
sul miele più dolce.
Io ti vedo, ti stringo
come fa il mare
con le sporgenti rocce del Capo:
è ancora inquieto,
fragoroso
in questi incerti
tramonti di primavera.

 

Prima che venga sera,
io ti saluto, e prometto
che tornerò qui a cercarti
per amarti, come in un sogno,
con i miei occhi chiusi.
In un sogno,
con i miei occhi chiusi.
(IV)

Ma ora è l’ora di dimenticare
il riflesso del sole dentro il mare
e il colore limpido della speranza
che dal fondo risale.
È giunta la sera: faremo un grande falò
di tutta la musica, la filosofia:
sarà forse l’ultima poesia
vissuta con il calore che ne rimane
perché pizzica la salsedine,
incita la mano a scivolare
sullo specchio di acqua e seta,
a tuffarsi in un anfratto di luna,
in un’altra vita.

Ma è il presente che io preferisco,
un’avventura che ancora non conosco
un incontro non ancora avvenuto
cioè quello che in fondo è successo con te.

 

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Poeta, artista di Pittura Fonetica, attore regista della Compagnia Fonetica. Sostiene l'Europa unita fino agli Urali e in un mediterraneo di Ulisse, non fossa comune.