Giosuè Allegrini e Claudio Cavalieri su Futurismo e mostra al Mart dall’interno delle SETTE STANZE alla Casa della Pittura Fonetica.

Giosuè Allegrini: la morte in realtà è una fase che preannuncia un altro momento dello scorrere. Questo è un elemento vitalistico che poi ritroviamo nella visione del futurismo, la verbovisualità è figlia del futurismo. E non possiamo dimenticarci della visione eraclitea, del divenire di Marinetti. Con i numi tutelari: Schopenauer, Nitsche, Bergson e Sorel. Questa visione è fusione tra memoria, percezione e intuizione. E’ passaggio continuo, flusso, scorrere delle cose. E poi ci sono i vari modi, le varie tecniche, l’elemento di interdisciplinarietà, la funzione sinestetica. Siamo come in una specie di “band of brothers” per dirla alla Shakespeare, nel suo Enrico 5°, prima della battaglia di Agin Court.

Alberto Sighele: Agin Court mi ricorda che quando scrivevo sulla prima guerra mondiale qualcuno mi ha detto, o ho letto, che i soldati francesi che difendevano la patria da questa aggressione sentivano, (per dire che l’anima esiste, che l’universo parla), sentivano la forza patriottica alle loro spalle, difensiva rispetto all’aggressione, degli arceri francesi nella battaglia di Agin Court. Chiuso. Psiche che emergeva nella storia conflittuale, che era la seconda, no, la prima guerra mondiale.
Giosuè Allegrini: Dalla guerra dei 100 anni in questo caso. Ecco il creare massa critica, l’essere un tutt’uno con il cosmo. Il rapportare il microcosmo della interiorità al macrocosmo dell’universalità, il donarsi, cioè l’arte in questo caso, è l’elemento cardine, costitutivo, sviluppato in questo spazio (della Casa della Pittura Fonetica, in questa Mostra delle Sette Stanze, ndr ). Definirlo museo sarebbe come confinarlo. Diciamo che qui c’è apertura, c’è creatività nelle varie declinazioni: c’è l’aspetto sonoro, quello delle varie tecniche utilizzate, dei materiali ‘primigeni’ usati. Legno, ferro, sculture, tessuti. Materiali non propri della pittura accademica o della scultura tradizionale, qua si va oltre. Ma è giusto che si vada oltre perchè sarebbe limitante nella percezione. E perciò è come se noi, tu, in questo spazio, ci portassi tutti davanti…

Alberto Sighele: Sbagli a dire tu, perché il legno è il Claudio (Cavalieri), il tessuto la Margaret Nella. Io, se sono qualcosa, sono sui suoni: ‘bella cavalla galoppa….finché non è troppa…’ quando il Claudio mi dà il contatto con lei, Laura Zilocchi. ‘Tu sei parola’ diceva a me e mi faceva incontrare lei che anche lavora sulle parole.

Giosuè Allegrini: Ma tu qui commetti uno sbaglio, perdonami. C’è una piccola pecca in questo discorso perché ritorni indietro, tu ritorni alla singolarità, mentre noi ci stiamo spostando verso l’universalità. Le opere tra di loro si autoalimentano, la creatività delle varie opere si fonde in un unicum. E’ questo l’elemento importante. Non va visto solo la singola opera. Certo la paternità dell’opera è quella, la realizzazione è quella, ça va sans dire, ma è lo spazio che va visto, lo spazio in questo caso non è lo spazio per intenderci della visione decontestualizzante di Duchamp. Non è l’orinatoio che viene firmato e poi viene portato, viene messo in uno spazio istituzionalizzato, viene fatto assurgere ad opera d’arte. No, qui è l’opera che si impossessa del luogo e il luogo dell’opera d’arte in un unicum.

Alberto Sighele: Il tuo lenzuolo, Claudio.

Claudio Cavalieri: quello che dice il professore… la preparazione del professore è superiore alla mia. Io ho solo quella dell’istituto d’arte. Ma storia dell’arte ne so parecchia perché l’ho anche insegnata. L’unica cosa che posso dire è che quando Alberto ha buttato lì quest’idea, già l’anno scorso, io ho visto un’idea che è contemporanea. Bisogna pensare ai giovani che fanno progetti, hanno idee ma poi non è che dal punto di vista artistico… non è che ci sia una grande qualità , tra virgolette. Mi pare di poter dire che dal punto di vista dei materiali, l’utilizzo dell’astrazione/ non astrazione, l’operazione di Alberto è una operazione contemporanea. Poi io ho sposato questa idea con grande difficoltà perchè Alberto da un punto di vista pratico è neofita. E purtroppo è proprio nel mettere assieme le cose che succedono i guai. Questa idea di Alberto io l’ho sposata perché è proprio futurismo portato nel 2023. Perché anche con gli artisti che hanno aderito o aderiranno, è come il futurismo quando c’era un idea, ma dal punto di vista tecnico non ce n’era uno che fosse uguale all’altro o al massimo due persone. Un esempio è nella grande mostra che c’è adesso al Mart. Se voi vi andate, vedete quel che è successo dal 1900 all’inizio della prima guerra mondiale dal punto di vista dell’arte. E’ successo di tutto ed è l’inizio dell’arte contemporanea.
Poi non penso, in assoluto, né a livello nazionale, che ci sia stato un artista che abbia utilizzato la casa per un anno: e questa è un’altra operazione contemporanea che va a pescare sulle tematiche delle avanguardie. C’è anche dell’avanguardia nel fatto degli artisti che cercano di portare degli stimoli. Un’arte attiva, non passiva: dall’installazione di Zepeda uno capisce che c’è dentro il mondo sudamericano e il tentativo di coinvolgere il pubblico. Poi ci sono gli artisti che hanno un riferimento alla parola e poi ci sono altre opere che sono guida di tutto il progetto. Perciò è una operazione che, (pensando al sistema dell’arte contemporanea dove la cosa maggiore è far vedere quello che fai,) io dico sovente tanto fumo e poco arrosto. Qui c’è anche molto arrosto.

Giosuè Allegrini: Lei parlava di contemporaneità l’elemento cardine della contemporaneità avviene nel 1912 quando Jean Cocteau incontra a Parigi… era un ragazzo di 23 anni, era stato benvoluto da un signore un po’ decadente che era Marcel Proust. Si incontra con una grande star: Vaclav Nižinskij: “Ma lei come ha fatto ad avere tanto successo” e gli risponde così: “La prego, signore, mi sorprenda!” L’elemento sorpresa è l’elemento cardine della contemporaneità. Mi sciocchi, mi sorprenda! Qui entrando in questo spazio si viene sorpresi. Si viene sorpresi perché c’è un legame con l’elemento diciamo del modernismo. Qual’è? E’ quello in cui la modernità … dal punto di vista etimologico…nell’ abazia di Saint Denis dove si realizza la scrittura sismografica, quella con la penna d’oca che sostituisce il calamo: aveva la possibilità di scrivere molto più celermente e quindi l’abate Sugerio che aveva preso possesso dall’abbazia di saint Denis e della cancelleria di Stato aveva uno strumento formidabile per scrivere le regole al servizio del re di Francia. Però gli mancava un elemento fondamentale gli mancava la luce, perché le strutture romaniche con le strutture perimetrali che tenevano lo strato tensionale facevano sì che ci fossero piccolissime finestrature. N,on si poteva scrivere velocemente i mancanza di luce ma lui avendo avuto esperienza dei paesi orientali e medioorientali capisce che c’è una soluzione altra: l’arco a sesto acuto, l’arco interrotto che consente di aprire sui colonnati queste finestrature e dare molta più luce. Questo è un elemento di base da un punto di vista tecnologico, ma da un punto di vista di sostanza il passaggio è quando, come dicevo con Cocteau e Nižinskij per la contemporaneità, il passaggio alla modernità invece avviene nel momento in cui un signore che si chiamava Winkelmann va a Paestum. Paestum è un posto terribile, era peggio…le infestazioni coleriche erano… chi va a Paestum e poi muore. Cosa va a cercare a Paestum? La rosa di Paestum. Non va a cercare, Winkelmann non è andato a cercare i colonnati, i templi frantumati e le colonne rotte, va a cercare la rosa di Paestum che poi è l’oleandro. Ma lui non lo sapeva perché è un polacco naturalizzato tedesco, va a cercare quello che ancora viveva. Dal passato ancora vive oggi. Il rapporto tra l’oggi e il passato. E Anche questo elemento si percepisce nei lavori presenti in questa enclave culturale che è un rapporto tra il presente e il passato. E l’artista va a cercare nella quotidianità che cosa? Quello che dal passato vive ancora oggi.

Alberto Sighele:Come lui (Allegrini) che nella scrittura della Lucia va a prendere la meditazione, che è la cosa più vecchia dell’umanità.

Giosuè Allegrini: Certo assolutamente,

Alberto Sighele: e che regge lo sviluppo di chiamare i chakra alla spiritualità.

Giosuè Allegrini: Certo. La ricerca di quel che il passato ti dà ancora oggi e la sorpresa, sono i due elementi che in questa enclave si percepiscono.

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Poeta, artista di Pittura Fonetica, attore regista della Compagnia Fonetica. Sostiene l'Europa unita fino agli Urali e in un mediterraneo di Ulisse, non fossa comune.