Contemporanea alla personale di Ilario Dalvit nella sesta stanza, quella di
Paolo Ober nella settima. Una mano completamente diversa. Egli estrae il colore e la forma alle cose e li proietta oltre, in una visione stilizzata, nella ricerca di un senso più nitido, tagliente, anche se gioioso, non semplificato, anzi più profondo. Fa pensare, mentre fa godere.
Nell’ambito della mostra Le Sette Stanze si avverte i tentativo di stabilire un tessuto, un filo conduttore: cerchiamo di scoprirlo. Se il sette è effettivamente un punto d’arrivo.
In “the piper at the gates of dawn” di Paolo Ober, suonatore di flauto alle porte dell’alba, l’aspirazione all’universale traspare anche dal fatto che la figura umana ha il colore del cielo, l’azzurro, quello sopra le teste e nei polmoni di tutti. Dovrà trasformarsi nella dolcissima musica della creazione continua, dal soffio della coscienza di ciascuno.
L’Eden, l’Età dell’oro è nei polmoni della nostra anima, suggerisce Ober: non credete alle religioni, o al potere, quando reclamano per sé, negandolo a te, il diritto alla musica, al soffiare il senso dentro e al dare il nome alle cose.
Così la danza è di ciascuno di noi. Il ricamo in quest’opera, questo dice: sei sempre tu in ballo.
E “bye bye Loppio” significa: se si prosciuga il lago, è la tua vita che si secca. Clima e guerra minacciano non solo i popoli, la stessa terra.
“Bentornata primavera” ribadisce che l’acqua è sotto, in mezzo e sopra, e perciò ciclo. E verde è facile, si espande. Ed è per te essere al centro ad essere linfa, a spingere in alto, mettendoci la fiamma interiore: sei tu il sole.
Nell’”applauso” il battito delle mani con le quattro dita che, col pollice, quinto, si incastrano rumorose, è anche riconoscimento reciproco e sincronia tra coscienza e cosmo, confermati fino allo splendere della stella dalle sette punte.
E così stelle, sole, circolarità, tessuto stretto, e l’aggancio al centro.
Ma sempre verso l’alto e verso il dentro, dove la leva non solleva solo il mondo, perfino il cosmo.
Diventa allora forse chiaro a tutti perché Paolo Ober doveva, finire, con la sua arte, nella stanza più luminosa, della Casa della Pittura Fonetica, al sette. Basta assorbire le sue opere e lasciarsene spazzolare l’anima. Lo aveva ammesso lui stesso, d’altronde: che ha sua volta era stato ispirato , per “applauso” dal settimo canto del volume appena acquistato “Tu Sei Tutto fino al Settimo Cielo.”La legge dello specchio, della reciprocità funziona.
E forse anche quella di natura che tutte le cose tendono all’unità, a sostenersi ed inanellarsi, a dimostrare a se stesse un destino comune.